
Il problema dell’assistenza ai poveri attraversa tutta la storia del Vallo di Diano, dal Medioevo in poi, come risulta specialmente dalle deliberazioni comunali dei vari paesi, giunte a noi con le fonti archivistiche. Sia le istituzioni civili che quelle ecclesiastiche hanno sempre svolto, nei secoli, questa missione caritativa, messa in atto da uomini che ricoprivano un ruolo direttivo in seno alla società. Ma subito dopo la prima guerra mondiale, nel 1918, a Teggiano, un gruppo di donne appartenenti alle famiglie nobili del paese (tra le quali Trezza, D’Alitto e Macchiaroli), dà vita, col beneplacito del vescovo Oronzo Caldarola, ad una sezione delle famose “Dame della Carità”, diffuse su tutto il territorio nazionale. Questa associazione caritativa, peraltro fondata da San Vincenzo de’ Paoli agli inizi del Seicento, praticava l’assistenza domiciliare ai poveri, offrendo ad essi danaro, abiti, biancheria, pane, latte, pasta e medicinali. A Teggiano il pio sodalizio comprende 10 nobildonne ed è presieduto da donna Caterina Trezza.
Un articolo pubblicato sulla rivista “La Vita Diocesana” di Teggiano nel 1929, che riporta notizie e dati sull’assistenza praticata dalle locali “Dame di Carità”, consente di conoscere il bilancio finanziario del pio istituto per l’anno 1928. Le entrate ammontano a lire 3593,05 e comprendono un’offerta del vescovo e quelle dei privati, le quote sociali delle Dame, il fondo cassa dell’esercizio precedente nonché una notevole somma di danaro (ben 1000,00 lire) proveniente da un Comitato di Beneficenza, “testé costituitosi in Brooklyn, tra i nostri filantropici emigrati sempre all’avanguardia del vero bene e decoro della loro terra natale”. Per quanto riguarda le uscite, troviamo che sono state distribuite ai poveri, nel 1928, somme di danaro per un ammontare complessivo di 1944,00 lire, ed anche latte, cibarie, legna e carbone, vestiti e scarpe, medicine, che sono costati 717,60 lire. Attualmente il pio sodalizio ha un fondo Cassa di 613,45 lire.
La singolarità di questa notizia sta nel fatto che era la prima volta, nella storia del Vallo di Diano, che un gruppo di donne si organizzava autonomamente per agire in seno alla società, dedicandosi ad alleviare le sofferenze e le privazioni dei cittadini più indigenti. Fino a questo momento un certo protagonismo nel tessuto sociale l’avevano avuto, nel nostro territorio, le badesse nei monasteri e le brigantesse delle bande accampate sui monti. Le “Dame di Carità”, costituivano, si può dire, un primo esempio di emancipazione delle donne nell’altopiano solcato dal fiume Tanagro.
– Arturo Didier –
FONTE: “La Vita Diocesana”, rivista, n. 7-8 (luglio-agosto 1929), p. 85.