Sì, anche la storia del Vallo di Diano è stata caratterizzata dal rapporto dialettico tra le tre forze storiche del Mezzogiorno: la monarchia (normanna, sveva, angioina, aragonese, spagnola e borbonica), il potere feudale (specialmente quello dei Sanseverino dapprima conti di Marsico e poi principi di Salerno) e il Comune (una capillare rete di amministrazioni locali che si reggevano sulla stretta osservanza dei loro Statuti e Capitoli, assicurando l’aggregazione delle famiglie e la protezione delle risorse ambientali).
Ma c’era anche un’altra forza storica, non meno importante e non meno determinante, che era quella della Chiesa, che con il suo potere spirituale ed economico prendeva parte anch’essa, eccome, allo sviluppo storico della società. La sua potenza era determinata anche dal fatto che essa agiva col consenso e con l’appoggio che godeva all’interno della monarchia, dei baroni e dei Comuni. Volendo stabilire, forzatamente s’intende, una certa priorità, si potrebbe sostenere che forse sono stati i Comuni, e con essi chiaramente il popolo minuto (formato nella stragrande maggioranza da contadini e pastori) e la “borghesia” (formata da benestanti e professionisti), ad avere un ruolo preponderante, assicurando lo sviluppo degli insediamenti urbanistici, la protezione dei beni ambientali e la continuazione delle tradizioni locali. E, a questo punto, va dato atto del fondamentale contributo che, in seno alle amministrazioni comunali, fornirono i suddetti benestanti e professionisti, i quali pur facendo i loro interessi di classe (i tempi erano quelli), esercitarono un innegabile ruolo direttivo all’interno delle comunità.
Purtroppo, tale ruolo oggi non è riconosciuto dai cittadini valdianesi (e del Mezzogiorno in genere), tra i quali ci sono quelli che ritengono che quei notabili e professionisti locali furono invece gli oppressori della società. Beh, ognuno è libero di pensarla come vuole ed è proprio questa libertà di pensiero la forza della democrazia. Ma una cosa forse non si può negare ed è il lascito culturale che ci ha tramandato questa classe dirigente.
Prendiamo ad esempio il centro storico di Teggiano, il cui patrimonio artistico, urbanistico ed archivistico si deve innegabilmente proprio all’azione plurisecolare svolta tenacemente dalla suddetta classe di privilegiati e cioè, per fare soltanto alcuni nomi delle famiglie storiche, dai Carrano, dai De Honestis, dai D’Alitto, dai Corrado e dai Macchiaroli.
A quando la sistemazione nel Seggio degli stemmi nobiliari di questi e di altri teggianesi che hanno dato una forte identità culturale al paese?
– Arturo Didier –
Fonte: “Storia del Vallo di Diano”, Salerno 1982-1985, voll. 4.
ammiro molto questa fatica di ricerca da parte degli autori, è da sperare che sia una narrazione da cronisti delle conoscenze, e non una narrazione personalistica ,che snaturerebbe la forza di testimonianza del documento.Mi permetto questa osservazione si è sfiorato il velo della polemica sottolineando l’ingratitudine delle odierne generazioni verso le famiglie dei notabili dell’epoca.E’ vero sono stati conservatori dei beni ambientali, e delle opere strutturali talvolta presenti,ma lo hanno fatto da proprietari! invece si ricorda molto bene , e delle volte solo in parte la loro prepotenza ,il loro strapotere che veniva esercitato sui beni ambientali, e su quelli che oggi chiamiamo beni comuni.Senza rancore per questa mia nota, e continuate, perchè c’è chi apprezza il Vs lavoro ,ed io sono tra questi.Cordiali saluti