
Sul periodo romano del Vallo di Diano conosciamo quasi tutto (storia, istituzioni, religiosità, insediamenti, viabilità, economia) attraverso i dati riscontrabili soprattutto nelle numerose iscrizioni latine che ci sono pervenute. Ma un’altra fonte, di solito poco citata, ci permette di vedere addirittura i volti dei valligiani dell’epoca romana. Si tratta di opere di scultura, precisamente edicole funerarie, dette imagines maiorum, cioè ritratti degli antenati, che i valligiani appartenenti alla nobiltà locale facevano eseguire per tramandare ai posteri i personaggi più illustri della loro famiglia, ritratti che poi venivano murati negli androni o nei cortili delle loro case. In diversi centri antichi del Vallo e delle zone limitrofe sono presenti queste imagines, specialmente a Teggiano, dove le più interessanti sono murate nella parete absidale esterna della Cattedrale, prospiciente la piazza. La più toccante di esse è certamente quella che rappresenta il ritratto di “Plator di Aulo Lamponio”, di cui riportiamo, a lato, la foto gentilmente fornitaci dall’amico Anselmo Capozzoli di Teggiano.
Ma chi era questo teggianese del II sec. avanti Cristo? Ebbene, secondo lo storico Filippo Coarelli, che ha fatto uno studio approfondito di questo antico ritratto, a cominciare dalla scritta incisa sull’edicola che fa da cornice, Plator era un liberto emancipato dalla schiavitù dal suo patronus, Aulo Lamponio. Osservando attentamente l’immagine, notiamo che Plator appare in posizione di perfetta frontalità e di estrema compostezza dei gesti, avvolto nella sua toga i cui lembi sono tenuti fermi dall’impugnatura della mano destra, mentre la mano sinistra fa capolino dalla parte opposta impugnando i pugillares, cioè le tavolette da scrivere. Una forte tensione spirituale e religiosa promana da questa nobile figura assorta nella sua fissità.
Trovandoci davanti ad un’opera d’arte, va osservato anche che in questo ritratto di Plator sono presenti i due caratteri stilistici tipici della ritrattistica romana: da una parte, lo schietto realismo di ascendenza italica, e dall’altra la fine stilizzazione ellenistica a sfondo etico-idealistico.
Come si vede, le imagines maiorum del Vallo di Diano, lungi dall’essere unicamente dei reperti archeologici, costituiscono, al contrario, delle fondamentali testimonianze che collegano la storia del nostro comprensorio alla grande storia della civiltà romana.
– Arturo Didier –
FONTE: Autori vari: “Storia del Vallo di Diano”, vol. I “Età antica”, Salerno 1981, pp. 237-244.
Opera stupenda. Se opportunamente valorizzata e pubblicizzata, potrebbe divenire i Bronzi di Riace del Vallo di Diano. Contemplatela bene…
Mario Senatore