A Natale…otto bambini – Lettera alla redazione di Franca Maria Cancro Cimino
Per giorni non c’è stato quotidiano, dibattito televisivo o social che non abbia trattato dell’importanza che i simboli più autentici della nostra fede hanno al fine di tener viva l’identità cristiana e il senso dell’appartenenza. Dopo 2000 anni di Cristianesimo il dibattito dovrebbe ritenersi superfluo ma, si sa, i tempi sono questi. La presenza di altre fedi nel nostro paese, la crescita di un laicismo sempre più aggressivo inducono figure delle istituzioni, forse anche in buona fede, ad avallare tacitamente la tesi secondo cui l’affermazione e la difesa delle proprie radici siano di per sè negazione di altre radici, di altre storie.
L’eccesso di zelo multiculturale determina, da anni, la tendenza a limitare o ad eliminare le manifestazioni più significative della nostra tradizione religiosa. E’ sotto gli occhi di tutti un processo di trasformazione lenta ma costante di ciò che è più genuinamente nostro: Gesù Bambino con indifferenza viene sostituito da un Babbo Natale imperante, le feste di Halloween imperversano per grandi e piccini, la Pasqua diventa la festa di primavera ed ora la festa di Natale spostata a gennaio da un dirigente “per non urtare la sensibilità di altri bambini“.
Non riesco ad immaginare come un tenerissimo Bambino possa offendere qualcuno. Questi i pensieri che da giorni mi intristivano quando una telefonata mi ha riportata alla letizia che di solito prelude al mio Natale: un papà e una mamma mi hanno parlato di una loro iniziativa, quella dei 16 genitori della V elementare di Pantano (di Teggiano, ndr) di donare alla scuola un nuovo Presepe. Essi e i loro bambini hanno risposto per un moto spontaneo del cuore alle parole delle insegnanti Susanna Moscarella e Maria Cristina Pizzi che, nel parlare del Natale e del suo significato, hanno quest’anno sottolineato con più accorata partecipazione il senso del nostro patrimonio religioso, spiegando ai bambini che il Natale non è un pacco dono ma la nascita di Gesù.
Ecco, non stanchiamoci mai di ribadire che il Natale è questo, è celebrare e rivivere quello straordinario evento per riceverne una carica di spiritualità che sostanzi di valori cristiani ogni giorno della nostra vita. L’acquisto di un presepe da parte di questi genitori non può che assumere un significato quanto mai pregnante e simbolico: è un omaggio alla scuola, al lavoro delle insegnanti ma soprattutto testimonianza di fede. E con questo senso spero siano accolte le mie modeste parole, un invito a non rinunciare a quel che siamo e siamo stati: ogni preghiera bandita, ogni canto non cantato, ogni presepe non realizzato approfondirebbero sempre più il solco che ci allontana da noi stessi. Sì alla letizia della festa, sì ai regali, sì alle luci e agli addobbi ma pensando che tutto questo non avrebbe alcun senso senza quel Bambino che ci sorride in una mangiatoia, quel Bambino che ha cambiato la storia.
– Franca Maria Cancro Cimino –