A pochi giorni dalla morte del giudice Alfonso Lamberti, ex Procuratore di Sala Consilina, sua figlia Serena Simonetta Lamberti racconta ad Ondanews il suo impegno per tenere viva la memoria della sorella Simonetta, uccisa dalla camorra il 29 maggio 1982 nel corso di un attentato il cui obiettivo era il padre, con il quale stava rincasando dopo una giornata trascorsa al mare. A 33 anni dalla sua morte, la Corte d’Assise d’Appello di Salerno ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per Antonio Pignataro, il sicario che si è autoaccusato dell’omicidio della bambina.
- Quale ricordo di suo padre vuole condividere con i lettori di Ondanews?
Un ricordo molto dolce di papà, al quale sono particolarmente affezionata e che mi suscita infinita tenerezza, risale alla mia infanzia. Ero una bambina come tante all’epoca, avrò avuto al massimo 6 o 7 anni, prima che la mia famiglia si sfasciasse completamente. Ricordo di quel breve periodo, ancora relativamente “tranquillo”, delle estati trascorse con i miei a Praiano, il luogo che tutti noi amiamo particolarmente e a cui siamo più legati. Ricordo le sere di agosto (le rare sere in cui papà non lavorava ed era con noi in vacanza) in cui ero nel piccolo giardino all’ingresso della casa, dove c’era un tavolo bianco con due sedie e dove io e papà guardavamo il cielo cercando delle stelle cadenti. Chiedevo sempre a papà di farmi “una grattatina sulla schiena”, perché mi piaceva tantissimo. Appena smetteva, gli chiedevo di ricominciare ogni volta. E lui non poteva far altro che accontentarmi. E’ uno dei pochi ricordi dolci della mia infanzia difficile. All’epoca ancora non immaginavo quello che sarebbe successo di lì a poco, né sapevo di aver perso una sorella a causa della camorra. E’ un ricordo molto privato, intimo, ma mi fa piacere condividerlo in questo ennesimo momento così difficile della mia vita.
- Essere la sorella di Simonetta ha rappresentato da sempre per lei un impegno, una responsabilità. Quanto è importante la memoria delle vittime innocenti della criminalità organizzata per la società nella quale viviamo?
L’impegno, serio e costante, per la memoria delle vittime innocenti di criminalità è fondamentale, oggi più che mai. Non solo per i nostri familiari, la cui memoria fa sì che possano continuare a vivere sempre, ma è importantissima per l’intera società, è fondamentale per non permettere più che accadano queste tragedie. E’ fondamentale per i nostri giovani, troppo abituati a sapere vita morte e miracoli di boss e assassini, giovani ai quali diamo fin troppi esempi negativi e che invece hanno bisogno di esempi positivi, di storie di gente perbene che ce l’ha fatta malgrado le difficoltà, malgrado tutto. I giovani devono conoscere le vite di coloro che, seppur feriti nel profondo, non hanno smesso di lottare, di andare avanti, di credere nel Bene. I nostri giovani hanno bisogno di sapere che non c’è solo mafia, camorra. Perché con la mafia e la camorra non si vince. Mai.
- Guardando le fotografie della piccola Simonetta sembra che il tempo si sia fermato a quel tragico 29 maggio 1982. Lei non ha mai conosciuto sua sorella, eppure è stata sempre presente nella sua vita e per lei si impegna ogni giorno. Cosa prova quando guarda quelle foto?
Quando guardo le foto ingiallite (di cui mi sono impossessata, togliendole ai miei) penso che tutto ciò che ho della mia sorellina è questo: vecchie foto ingiallite. Foto in cui sono catturati istanti di vita, immobili e immutati nel tempo, legati a dolci ricordi… di altri. Non nei miei purtroppo. E questa è una cosa che dilania l’anima nel profondo: il non aver potuto viverla nemmeno un istante, il non aver potuto mai vederla, abbracciarla, accarezzarla. Riesco solo ad immaginare come poteva essere la sua voce. Mi è stata tolta la possibilità di avere una sorella e fare tutto quello che si fa tra sorelle. Sono nata con un grande, profondo vuoto dentro. Un vuoto che non potrà mai essere colmato, perché lei non tornerà da me. Un vuoto che sto parzialmente cercando di riempire poco alla volta, frammento dopo frammento, impegnandomi affinchè Simonetta non venga dimenticata come invece è stato fatto per tanti anni, troppi. Non permetterò mai più che Simonetta continui a morire nel silenzio colpevole. Colpevole quanto il proiettile che, colpendola alla testa, le tolse la vita. Anche il silenzio uccide.
- Crede nella giustizia?
Sì. Ora posso affermarlo con maggiore certezza: la giustizia esiste. Anche se comunque è e sarà sempre una giustizia parziale, perché la morte di una bimba innocente è e resta un’ingiustizia senza eguali. La giustizia a volte fa fatica, tarda ad arrivare. Ma arriva. Posso dirlo proprio perchè mai avrei immaginato fino a pochi anni fa di avere un “colpevole”. Ho incontrato uno degli assassini nell’aula del Tribunale di Salerno in più di un’udienza. Chiedeva scusa per quello che aveva fatto. Ma in realtà non immagina nemmeno lontanamente quello che ha provocato partecipando all’attentato. Togliendo la vita alla mia sorellina in realtà hanno ucciso tutti noi che, malgrado un’insanabile ferita, siamo stati costretti a sopravvivere.
– Filomena Chiappardo –