“Nella canonica non ospito profughi, piuttosto la brucio!“. Così risponde don Angelo Chizzolini, parroco di un paese del Savonese, all’appello che Papa Francesco ha rivolto ai preti affinchè si aprano le parrocchie ai migranti. Una frase che fa riflettere e che, di sicuro, va in imbarazzante controtendenza rispetto a quegli insegnamenti di carità e amore per il prossimo che la Chiesa cerca di infondere da millenni. All’indomani dell’invito di Bergoglio, Ondanews ha raggiunto i parroci del Vallo di Diano, chiedendogli:”Lei sarebbe disposto davvero a fare ciò che il Papa consiglia agli uomini di Chiesa in questo particolare momento storico?“. A differenza di don Chizzolini i preti valdianesi hanno dimostrato che quella carità e quell’amore diventano opere concrete nelle comunità che quotidianamente guidano.
“Certo che la parrocchia di Pertosa sarebbe disposta ad ospitare una famiglia di profughi – ci ha detto don Pasquale Lisa – non mancherebbero il sostegno e la solidarietà della comunità“. Cercano la preziosa “collaborazione della comunità” don Pietro Greco della parrocchia “S. Maria delle Grazie” di Casalbuono e don Salvatore Sanseverino del “Sacro Cuore di Gesù” di Prato Perillo. Sulla stessa lunghezza d’onda don Paolo Longo della parrocchia “Cristo Re” di Polla (“Bisogna sempre cercare di fare il possibile per chi è in difficoltà“) e don Antonio Garone della parrocchia “SS. Annunziata” di Buonabitacolo, che garantisce una “piena disponibilità” all’accoglienza. Così come i quattro parroci (don Michele Totaro, don Luciano La Peruta, don Gabriele Petrocelli e don Elia Guercio) che curano le sette parrocchie presenti a Sala Consilina che, all’unisono, hanno dichiarato:”Quella del Papa è una proposta profondamente evangelica e molto positiva. La carità deve essere fatta come già avviene tra l’altro nelle nostre parrocchie, dove da sempre l’accoglienza è al primo posto“.
Ma accogliere spesso non è facile come potrebbe sembrare e un parroco, uomo solo alla guida per antonomasia e, il più delle volte, solo anche in parrocchia, va purtroppo incontro anche a delle difficoltà logistiche e di gestione. “Ci sarebbero da apportare modifiche strutturali ai nostri edifici per poter accogliere degnamente una famiglia di migranti” evidenzia Frate Luigi D’Auria, guardiano del convento di Sant’Antonio a Polla. “Sempre in obbedienza al Santo Padre – ci dice don Maurizio Esposito della parrocchia di Montesano – Ma non posso accogliere nessuno perché io sto in fitto e non ho strutture idonee“.
“Ho sempre accolto chi ha bussato alla mia porta senza chiedere carta d’identità – racconta don Bernardino Abbadessa della chiesa “Beata Vergine di Pompei” di Silla di Sassano – Ospitare una famiglia in casa per me non è possibile e per tanti preti che vivono soli per motivi logistici“. E di mancanza di strutture idonee parla anche don Carmine Tropiano, parroco a Varco di Sassano e a Pantano di Teggiano. “L’accoglienza del più bisognoso si trova nel cuore del Vangelo. – sottolinea – Purtroppo ci sono diverse parrocchie che non hanno spazi adeguati o una casa canonica da poter mettere a disposizione, ma in ogni caso non ci sottrarremo di certo all’appello del Pontefice“.
Alla nostra domanda alcuni parroci, pronti ad aprire le porte della loro canonica ai fratelli migranti, hanno ovviamente chiarito che ci sarà bisogno di una direttiva da parte dei Vescovi. “Aspettiamo ciò che verrà indicato” dice don Giuseppe Puppo della parrocchia “Santa Maria Maggiore” di Teggiano. Gli fanno eco don Antonio Breglia e don Michele Casale, titolari delle omonime parrocchie a Sant’Arsenio e Atena Lucana. Ma c’è anche chi fa, a sua volta, appello alla politica e al necessario intervento coadiuvante nell’opera di accoglienza, come don Cono Di Gruccio della parrocchia di San Marco di Teggiano. “Abbiamo il dovere di accogliere – ci dice – ma la politica deve intervenire e risolvere l’emergenza a monte“.
Resta un dovere, quindi. Quello di dare sostegno al prossimo, proseguendo la missione d’amore che hanno scelto di vivere. I parroci di questa terra e le loro comunità in molti casi si sono già aperti a chi arriva da quel mare spesso ostile e da quelle terre che non vogliono più fargli da madre, cacciandoli via in balìa di destini il più delle volte amari e di effimera durata. Ora siamo certi che si apriranno ancora. Papa Francesco può andarne fiero.
– Chiara Di Miele –