Anche il vescovo della diocesi di Teggiano-Policastro Mons. Antonio De Luca interviene sulla vicenda relativa alla cosiddetta “truffa migranti”, augurandosi che si faccia piena luce.
“La ricerca della trasparenza – ha aggiunto il presule – è la garanzia di autenticità di un servizio e, pertanto, non si deve avere assolutamente timore di nulla, confidando nella Magistratura.” Il Vescovo de Luca, inoltre, ha aggiunto che “è stata proprio la Caritas diocesana, ancora prima che io divenissi Vescovo di Teggiano-Policastro, a farsi promotrice di una petizione affinchè agli immigrati venissero affidati direttamente i soldi del pocket money e di spenderli come meglio veniva ritenuto opportuno, così come avviene ora, e non assegnare loro una scheda da cui, se non venivano spesi tutti i soldi, nessuno mai sapeva la fine che avrebbero fatto tendente, evidentemente, a favorire un mercato illegale dei pocket money”.
Nella vicenda, come è noto, è coinvolto anche il direttore della Caritas della diocesi di Teggiano-Policastro don Vincenzo Federico con l’accusa di concorso in peculato. L’inchiesta in cui è coinvolto il sacerdote di Padula è tesa a svelare il meccanismo attraverso il quale soldi del pocket money, la cosiddetta paghetta giornaliera destinata agli ospiti dei centri d’accoglienza, sono spariti nel nulla. ll pocket money è la quota di due euro e cinquanta centesimi al giorno che spetta al migrante sull’importo giornaliero pagato per ogni ospite dallo Stato ai gestori del centro che, inizialmente, non veniva concessa in contanti, bensì attraverso un “blocchetto” tramite il quale i migranti potevano caricare il loro cellulare o acquistare sigarette.
L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e dai pm Raffaello Falcone e Ida Frongillo del Tribunale di Napoli, ha portato all’arresto del presidente dell’associazione onlus “Un’Ala di riserva” e della sua compagna con l’accusa di essersi impossessati di denaro destinato all’assistenza agli immigrati.
Il coinvolgimento di don Vincenzo Federico nell’inchiesta è stato definito “surreale” dal suo avvocato difensore, Renivaldo Lagreca.
– redazione –
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